GIUSTIZIA PER GLENDA ALBERTI, MORTA IL 24 GIUGNO 2005 (MILLESIMO/SAVONA) - COMUNICATO DELLA FAMIGLIA DELLA VITTIMA 

GIUSTIZIA PER GLENDA ALBERTI, MORTA IL 24 GIUGNO 2005 (MILLESIMO/SAVONA) - COMUNICATO DELLA FAMIGLIA DELLA VITTIMA 

Propaliamo il seguente comunicato per conto di Maria Pia Giacosa (madre della vittima), Alan ed Emanuela Alberti (fratelli della vittima), con riferimento al fatto che il 24 giugno 2021 è il sedicesimo anniversario del tragico evento e che i suddetti si oppongono all'archiviazione della denuncia presentata dalla madre della vittima.
Segue l'excursus della vicenda giudiziaria con la speranza che si possa fare luce sulla morte di Glenda Alberti.
Carmelo Lavorino - Antonio Della Valle

COMUNICATO DELLA FAMIGLIA DELLA VITTIMA
“Sono Maria Pia Giacosa, madre di Glenda Alberti, morta 16 anni fa a Millesimo (Savona) in circostanze sicuramente misteriose, morte archiviata avventatamente e senza basi scientifiche come “suicidio”.
Questo comunicato è firmato da me e dai miei figli Alan ed Emanuela Alberti fratelli di Glenda.
Lotto e lottiamo inutilmente da 16 anni per dimostrare che si tratta di omicidio in quanto è omicidio e non di suicidio, ma mi scontro contro quel muro di gomma e di omertà che si forma naturalmente dopo indagini frettolose, superficiali e inadeguate che, malauguratamente, iniziano col pregiudizio del suicidio della povera vittima.
Dopo anni ho avuto la fortuna di affidarmi a un gruppo di specialisti dell'investigazione criminale e delle scienze forensi, i quali hanno prodotto relazioni tecniche molto forti che dimostrano che si tratta di omicidio e non di suicidio.
Alla fine del 2020 ho presentato alla Procura di Savona una denuncia dettagliata e precisa contro una persona che ritengo essere l'omicida di mia figlia. Purtroppo un Pubblico ministero e il Procuratore capo, Funzionari pagati dallo Stato Italiano e che lavorano in nome del Popolo Italiano, hanno chiesto avanzato una non condivisibile richiesta di archiviazione contenente anche imprecisioni, contraddizioni e stranezze, così difendendo gli errori investigativi precedenti oltre le sviste.
Il mio legale avvocato Piergiorgio Di Giuseppe ha presentato opposizione all'archiviazione motivandola fortemente e supportandola con un'ulteriore relazione tecnica, investigativa, forense e vittimologica a firma del prof. Carmelo Lavorino criminologo criminalista, del medico legale dr Antonio Della Valle e dello psicologo forense dr Enrico Delli Compagni.
Chiedo solidarietà e giustizia affinché la morte di mia figlia non sia buttata nell'infernale dimenticatoio degli omicidi spacciati per suicidi ed archiviati come tali.
Maria Mia Giacosa - Alan Alberti - Emanuela Alberti”

EXCURSUS DELLA VICENDA GIUDIZIARIA - A CURA DI CARMELO LAVORINO E ANTONIO DELLA VALLE
La 29enne Glenda Alberti il 24 giugno 2005, fra le ore 19:40 e le 20:03, precipitava dal balcone del secondo piano di un appartamento in Millesimo, provincia di Savona. Veniva dato l'allarme da un vicino di casa verso le ore 20:05, arrivano i soccorsi, il 118 e i Carabinieri.
Purtroppo le indagini partivano col piede sbagliato in quanto contaminate dall'insinuazione del suicidio e si verificano i seguenti errori: 1) sopralluogo affrettato con pochissimi rilievi fotografici e di scarsa qualità; 2) nessun video del sopralluogo; 3) immediato pregiudizio del suicidio; 4) contaminazione e alterazione delle scena degli eventi; 5) scarsi controlli e indagini superficiali tutte mirate a dimostrare il suicido: addirittura non veniva disposta l'autopsia (difatti il corpo venne esumato qualche settimana dopo).
Il caso venne archiviato due volte per suicidio.
Nel 2019 la madre di Glenda, la signora Maria Pia Giacosa, presentava denuncia presso la Procura di Savona verso una persona producendo una serie di elementi basati su un'analisi criminologica criminalisitica forense del prof. Carmelo Lavorino e su un'analisi medico legale del dr Antonio Della Valle. In seguito veniva affiancata una relazione di autopsia psicologica dello psicologo forenze dr Enrico Delli Compagni.
Gli elementi contro il soggetto erano diversi, ne elenchiamo alcuni: 1) stranezze comportamentali e immediata indicazione della pista suicidiaria; 2) un alibi inizialmente certo che dimostrava diverse crepe; 3) esclusiva possibilità di inquinamento ed alterazione delle prove; 4) reiterato atteggiamento aggressivo e violento verso la vittima; 5) non sincronia degli orari e della linea temporale del crimine e degli eventi; 6) telefonate del soggetto sfuggite agli Inquirenti; 7) interventi sul cellullare della vittima da parte di un soggetto con caratteristiche e opportunità del tipo esclusivo;   cancellazione di SMS verosimilmente compromettenti; 9) assenza di tracce di farmaci nel sangue della deceduta come invece dovevano esserci se il racconto del soggetto fosse stato veridico (nel sangue di Glenda non sono state trovate tracce di quei farmaci che il SMS mostrato dal soggetto riporta (Halcion ed Elopram) e che nemmeno erano nell'appartamento del soggetto e/o nella borsetta di Glenda... e - ciò che appare molto originale - è il fatto che dalla borsetta di Glenda Alberti faceva bella mostra di sé la ricetta le ricette per ansiolitici Lexotan e Cuntrol.

Vi erano inoltre le seguenti evidenze criminalistiche forensi:
PRIMA EVIDENZE FORENSE: in caso di suicidio tramite precipitazione Glenda Alberti avrebbe avuto quattro modi per autoprecipitare: 1) doveva salire in piedi sul balcone e lanciarsi verso il basso, però, mancano le tracce delle strisciate sul balcone; 2) doveva scavalcare il balcone, stazionare (o non) sulla parte superiore e lanciarsi, però, mancano le tracce delle orme su tale zona e tracce di strisciature del balcone all'interno delle cosce, addirittura vi sono due lesioni ecchimotiche sul ginocchio e sulla caviglia DESTRI, lesioni che rappresentano DUE VERI E PROPRI DISCRIMINANTI dell'autoprecipitazione con caduta prona e con impatto col lato sinistro del corpo; 3) doveva lasciarsi andare o scivolare verso il basso, però, mancano le tracce di strisciata sul balcone, il corpo non sarebbe andato a posizionarsi lì dove è stato rinvenuto; 4) doveva prendere la rincorsa, saltare e oltrepassare il balcone alto cm 80 circa, però tali modalità di suicidio non coincidono e nemmeno sono compatibili con le lesioni rinvenute sul corpo di Glenda, prime fra tutte la ferita sulla parte destra del capo e le ecchimosi sulla caviglia destra e sul ginocchio destro,

SECONDA EVIDENZA FORENSE: LE FERITE OSSERVATE SU GLENDA ALBERTI NON SONO COMPATIBILI CON UNA PRECIPITAZIONE SUICIDIARIA DAL SECONDO PIANO E DALLA ALTEZZA DI CIRCA METRI OTTO PER I SEGUENTI MOTIVI:
Gli eventi che hanno prodotto nel corpo di Glenda:
(-1) effetti visibili a ispezione esterna quali l'ematoma violaceo in sede temporo-parieto-occipitale, la ferita lacero contusa di cm 7 in sede temporo-parielale sinistra, lingua, mucosa orale prive di emorragie, denti non fratturati, ematoma di colore violaceo di cm 3 x 2 in sede mandibolare inferiore mandibolare, assenza di lesioni o traumatismi a carico della parete toracica, ematoma di colore violaceo sulla faccia laterale braccio sinistro e gomito sinistro, ematoma violaceo faccia volare-radiale polso destro e volare-ulnare polso sinistro,
(-2) effetti constatati tramite autopsia quali al capo nessuna frattura alle vertebre e solo frattura che decorre in regione temporale sinistra, parietale sinistra e parietale destra, la rima di frattura interessanti la fossa cranica posteriore media ed anteriore fino alla rocca petrosa, nessuna lesione allo stomaco, all'esogago ed fegato, nessuna frattura alle mani e/o ai piedi,
sono eventi non assimilabili alla morte per AUTOPRECIPITAZIONE dall’altezza di metri otto per i seguenti motivi:
1. non esistono elementi esclusivi da fare ritenere che GlendaAlberti sia precipitata sull’estremo superiore (precipitazione sul vertice), sulle estremità inferiori (piedi o natiche), su tutta la superficie del corpo (laterale o frontale);
2. non vi sono le classiche lesioni da strisciamento o da urto contro ostacoli e lungo la direttrice di caduta, inoltre, la contusione doppia sulla gamba destra è incompatibile con un impatto prono;
3. non vi sono i classici distacchi di creste ossee, di apofisi spinose e traverse, da violenta separazione della muscolatura tali da fare ritenere la vittima cosciente, circostanza che gli Inquirenti assumono come dato certo essendo azione volontaria e cosciente;
4. la presenza di fratture sia a destra che a sinistra del cranio, sia anteriormente che posteriormente, depongono di una azione aggressiva e/o produzione di lesioni in due tempi-fasi, eventi incompatibili con una precipitazione volontaria;
5. scrive peraltro il consulente medico legale Dott. Antonio Della Valle “Per tutto quanto premesso le lesioni riscontrate sul corpo di Alberti Glenda , ferita lacero-contusa area destra del capo, le ecchimosi a livello della porzione distale della gamba destra in prossimità della caviglia e quella alla medesima gamba e in prossimità del ginocchio non sono verosimilmente compatibili da precipitazione, ma assolutamente come vedremo da fatti precedenti e/o contemporanei ai momenti pregressi alla caduta precipitativa dal balcone.
6. La perplessità circostanziale più disarmante è che la caduta del corpo non sia stata per nulla avvertita sensorialmente da alcuno come anche la vittima non abbia avuto alcuna esternazione di urla durante lo slancio e/o durante il percorso nella stessa caduta; tale aspetto di sicuro è un dato “poco” medico-legale, ma che, in vero, interessa peculiarmente il profilo criminologico-criminalistico.”... “la ferita sulla parte posteriore del cranio e i segni di afferramento ai polsi indicano una pregressa attività aggressiva prima della precipitazione a opera di terzi”.

TERZA EVIDENZA FORENSE: ELEMENTI MEDICO LEGALI E DI ANALISI DELLA SCENA DEL CRIMINE OSTATIVI AL SUICIDIO TRAMITE AUTOPRECIPITAZIONE
1. Il rumore di un corpo di circa 55 chili che cade dall’altezza di otto metri è elevato e di facile percezione acustica, anche per il combinato disposto “peso – velocità di caduta”. Invece nessuno dei condomini ha avvertito alcun forte tonfo e – SOPRATTUTTO – nessun urlo precipitatorio.
2. Appare evidente che Glenda Alberti non abbia urlato mentre precipitava e che nessun urlo siastato avvertito.
3. Se Glenda Alberti fosse realmente precipitata dal punto indicato dagli Inquirenti (dal balcone) senza urlare, quindi inibita dal farlo - cioè esanime - sarebbe certamente caduta a pelo del balcone, non certamente 120 cm in avanti.
4. La posizione del cadavere non è congrua e coerente con il lancio o la caduta in stato di obnubilamento mentale, difatti, non è in linea verticale, ma almeno 120 cm più avanti.
5. Non vi sono tracce di fratture sulle braccia e sulle gambe della Alberti, addirittura sarebbe addirittura PRONA col volto verso il basso (dichiarazioni di Tartarolo Enzo): appare quindi evidente che la asserita precipitazione proposta dagli Inquirenti è stata effettuata da persona differente dalla Glenda Alberti, persona che prima che avrebbe provveduto a lanciarla, poi a metterla in posa.
6. Gli Inquirenti individuano il punto di lancio sul balcone in prossimità dell'orma/strisciatura sulla polvere (senza però individuarla con appositi capisaldi e/o coordinate geometriche), ebbene, tale individuazione è apodittica e non risulta supportata da alcun elemento certo o scientifico, anzi, è una semplicissima congettura oppure, purtroppo, appare essere frutto di una deduzione (ma basata su quali certezze?) originata dalle dichiarazioni del GAI dai Carabinieri NON RISCONTRATE DA NESSUNO. Inoltre, la supposizione degli Inquirenti in tal senso consiste sia nell’unire idealmente (ma apoditticamente) il punto di rinvenimento del cadavere col punto dove è individuata la famosa “orma” fuori il balcone, orma che NULLA significa.
Si riporta quanto predentemente scritto: "L'orma di scarpa (FOTO IN BASSO, PRIMA A SN) che gli inquirenti ritengono essere prova del suicidio (!!!???) in realtà prova l'esatto contrario, che è lontana dalla ringhiera (almeno 60 cm) e che quindi non ci troviamo di fronte a una suicida che si sia lasciata andare, che in teoria la suicida avrebbe dovuto spiccare un salto e un volo (!!!???), che è l'ultimo contatto col suolo della ragazza, che una persona ha sollevato la ragazza e l'ha lanciata, ergo, che trattasi di attività di depistaggio e messinscena da parte del soggetto ignoto.
7. La ferita alla nuca non è coerente e compatibile con la posizione prona.
8. Il suicida per precipitazione usa lasciare le ciabatte o gli zoccoli sulla piattaforma di lancio, nella fattispecie il balcone e, nel caso in amnalisi criminale sistemica, tale evento statistico frutto di un comportamento non si è verificato.
9. Le lesioni osservate e descritte sulla gamba destra, quali l'ematoma violaceo alla faccia antero-mediale terzo medio e superiore della gamba ed antero-mediale della coscia, non sono coerenti con la caduta in avanti e con l'impatto della zona parietale sinistra, nemmeno sono coerenti con lo scavalcamento del balcone.
10. Scrive il medico legale:“Ciò sembra indicare che la precipitazione che ha causato la morte sia stata preceduta da una violenta colluttazione, nel corso della quale la Alberti ha subito un rilevante trauma al massiccio facciale ed al torace, del tutto compatibile con quanto si osserva a seguito di un'aggressione con pugni e calci, oltre ad un afferramento violento che ha interessato entrambi i polsi”.
11. Appare più probabile il litigio con colluttazione seguito dallo stato di non coscienza di Glenda Alberti con successivi afferramento ai polsi e defenestramento.
12. Scrive il dott. Antonio Della Valle medico legale:
“In vero e molto chiaramente tale lesività insieme a quella del distretto facciale e del suo terzo inferiore, appartiene a quella serie di lesioni inflitte da atti di violenza precedenti la precipitazione e sicuramente produttivi di una lesione grave della gabbia toracica alterativa della vitalità di Alberti Glenda e del suo pieno e completo stato di coscienza.”
“A livello dello splancocranio e proprio in sede del terzo inferiore del volto si osserva un’area estesa di ecchimosi che sovrasta una frattura mandibolare sagittale paramediana.
Tale area non è per nulla compatibile con una lesività acquisita in fase di precipitazione in quanto manca la lacerazione e l’escoriazione del tessuto cutaneo; verosimilmente è frutto di una violenza a livello del distretto facciale subita da Alberta Glendi in una fase temporale perimortem ed antecedente la precipitazione.
L’altra area patologica sotto il profilo medico-legale che va scorporata senza meno dalle lesioni da precipitazione causa del decesso è quella rinvenibile a livello della porzione superiore della gabbia toracica.
Tale lesione è assolutamente incompatibile con una lesività da precipitazione come nel caso dei luoghi e dei fatti di Alberti Glenda e non va associata ad una lesione ossea complementare alla precipitazione in quanto non è anatomo-patologicamente sostenibile.”
“Alla luce di tali considerazioni lo scenario medico-legale che, quindi, si scorge dall’osservazione anatomo patologica del cadavere di Alberti Glenda definisce in modo assolutamente chiaro che la stessa abbia subito senza meno violenza fisica da terzi dapprima costrittiva degli arti superiori e successivamente traumi da percosse in vari direzioni del corpo e mediante proprio tali percosse ad elevata potenza nella vittima si sono prodotte condizioni che l’hanno condotta ad una graduale riduzione del livello di coscienza e di reattività che, in breve, HA CONFIGURATO UNA VERA E PROPRIA FASE DI TRAMORTIMENTO AGONICO CULMINATO ED EPILOGATO CON LA PRECIPITAZIONE AD OPERA DI QUESTI TERZI AGGRESSORI; tale precipitazione, di poi, ripercorre una dinamica perfettamente e verosimilmente compatibile con una traiettoria prodotta da terzi in quanto con un peculiare orientamento a capofitto e circoscritto definibile come “a peso morto”.”;
ed ancora scrive il Dott. Antonio Della Valle (pag. 9 Relazione Della Valle):
“Ci troviamo, quindi, di fronte, grazie ai dati in letteratura più attuali, dinanzi ad un errore diagnostico medico-legale che ha prodotto come risultato la negazione di fatti precedenti alla precipitazione, ovverosia la negazione di uno scenario di una terribile e concitata violenza ai danni di Alberti Glenda.”
“Tali fatti in modo del tutto chiaro testimoniano e depongono con elevata sostenibilità che Alberti Glenda sia stata sottoposta da parte di terzi ad una serie di atti aggressivi informati ad una violenza colluttativa contusiva medio-grave.”.
LA PROCURA DI SAVONA HA CHIESTO L'ARCHIVIAZIONE DELLA DENUNCIA, LA MADRE SI È OPPOSTA. 
 

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